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Fondi spariti, un «giallo» internazionale

dall'inviato Mario Margiocco

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NEW YORK - Non ci sono soltanto gli 8 miliardi di dollari partiti improvvisamente da Londra per New York venerdì 12 settembre, 48 ore prima che Lehman Brothers chiedesse la protezione del Tribunale fallimentare di Manhattan, ad aggiungere al fallimento del secolo una complicazione internazionale e una disputa tra le due maggiori piazze finanziarie.

Da ambienti newyorkesi si apprende che «più di duecento» tra fondi di investimento, banche, società di ogni tipo con sede a Manhattan e dintorni hanno una fetta consistente dei probabili 640 miliardi di dollari - questa la cifra di cui si parla a New York - gestiti da Lehman Brothers International Europe, il primo operatore sulla Borsa di Londra, bloccati dalla procedura fallimentare avviata anche in Gran Bretagna. Una cifra enorme, affidata in gestione a Lehman da hedge fund che operano spesso per conto di investitori istituzionali come fondi pensione, università, banche regionali e locali, finanziarie di vario tipo, per investimenti via Londra sul mercato europeo e altrove, sia liquidità che titoli. Una "zeppa" colossale nelle contrattazioni finanziarie internazionali.

«È una cifra enorme, bloccata, e che sta semiparalizzando interi settori finanziari qui a New York. Per noi, un disastro», dice il responsabile di un hedge fund, coinvolto nel dramma e con le lacrime agli occhi. Anche alcune banche italiane sono state allertate, perché tra chi si trova adesso in difficoltà a New York vi sono anche alcune controparti di importanti istituti italiani, alle quali vengono periodicamente affidati investimenti sul mercato americano. Per trasferire 8 miliardi, con il tetto di 50 milioni a operazione, servono 160 passaggi.

Esasperazione e rabbia si scaricano soprattutto contro Dick Fuld, l'ex Ceo di Lehman. «Si muove con una scorta rinforzata, e fa bene a tutelare la sua incolumità», commenta sarcastico un manager di una nota finanziaria con sede su Central Park. A Fuld viene imputato, come noto, di non avere venduto difendendo così assai meglio azionisti e clienti, come ha fatto John Thain con Merrill Lynch, che ha ceduto la quasi centenaria banca d'investimento (è stata fondata nel 1914) per 50 miliardi di dollari a Bank of America. Nella speranza di un salvataggio pubblico che non c'è stato, Fuld ha messo tutti nei guai e ha portato Lehman Brothers, dopo 158 anni, al fallimento. La causa fondamentale sono sia i titoli legati ai mutui immobiliari, subprime e non, sia, e in modo rilevante per Lehman, i massicci finanziamenti di immobili commerciali e per uffici un po' ovunque nel mondo, con ritorni nettamente inferiori alle aspettative.

Ma anche Barclays, che ha acquisito da Lehman il grosso dell'investment banking americano al prezzo stracciato di 1,7 miliardi di dollari, non gode di buona stampa in questi giorni a New York. Un hedge fund della Third Avenue, Bay Harbour Management, avrebbe già fatto ricorso per bloccare l'intesa, approvata sabato dalla corte fallimentare federale di Manhattan. Non è stato possibile ottenere conferma da Bay Harbour. Alcuni altri fondi, anche da Londra, parlano di gestione «scorretta» dei titoli della clientela, che sarebbero stati utilizzati in proprio da Lehman Londra.

La trattativa Barclays-Lehman si è tascinata per giorni e si è conclusa solo dopo l'avvio della procedura fallimentare a New York, senza che l'americano Bob Diamond, numero uno dell'inglese Barclays, facesse una mossa definitiva prima, dicendo che sarebbe stata necessaria l'approvazione da parte del proprio consiglio di amministrazione e che questa non poteva venire in tempi così rapidi.

Terzo bersaglio dell'ira diffusa nella comunità finanziaria di New York sono le autorità britanniche. «Una grottesca conclusione di tutto questo – osserva Richard Robb, Ceo di Christofferson Robb & Co., un hedge fund di New York – è che a perderci pesantemente è anche la Fsa (Financial services authority, la vigilanza britannica) e la credibilità di Londra come piazza finanziaria e sistema di garanzie giuridiche sulle quali la clientela internazionale possa fare affidamento».

A Londra si rimprovera prima di tutto il trasferimento degli 8 miliardi a New York. È vero che sono finiti a Lehman Brothers Holdings, la casa madre di New York, ma in modo rocambolesco e per lasciare le casse vuote. Londra, lo ha detto sabato lo stesso premier Gordon Brown, sta trattando con le autorità Usa per il ritorno degli 8 miliardi. Ma non è ancora chiaro dove siano e se ci sono. Il giudice fallimentare ha detto che poiché non vengono trasferiti a Barclays, di questo ci si occuperà dopo. E poi viene rimproverato lo stato di totale incertezza in cui sono state lasciate le migliaia di controparti di Lehman International, a Londra. Un fondo pensione canadese, parlando ieri con New York, ha detto di essere stato lasciato con 20mila posizioni che non si sa se sono state chiuse, né in quale stato si trovano, se al ribasso o al rialzo.

Dalle carte di Lehman a New York starebbero emergendo registrazioni di 630mila clienti, in parte notevole gestiti dalla controllata londinese, soprattutto la clientela istituzionale. Tutto ha funzionato fino a mercoledì 10 settembre. Poi le richieste di accreditare somme su New York, da parte di chi voleva far rientrare i capitali, sono state respinte. «Lo faremo lunedì, se saremo aperti», è stata la risposta. Domenica, il fallimento.
mario.margiocco@ilsole24ore.com

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